Focus: l’NBA e il design, quando un logo ti cambia la vita

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Il nuovo logo dei Milwaukee Bucks è stato presentato negli scorsi giorni e l’entusiasmo nello stato del Wisconsin è già alle stelle. Ma un nuovo logo per una franchigia NBA significa spesso più di un semplice accorgimento grafico…

Il nuovo logo dei Bucks, presentato nei giorni scorsi con lo slogan #ownthefuture.
Il nuovo logo dei Bucks, presentato nei giorni scorsi con lo slogan #ownthefuture.

Che quella 2014-2015 sia stata una regular season a dir poco sorprendente è a dir poco un eufemismo. Dopo i grandi movimenti di mercato che hanno stravolto le gerarchie tra Est e Ovest negli ultimi anni, questa stagione ha visto sbocciare due nuove realtà della pallacanestro contemporanea. Regine incontrastate delle due Conference rivali, Golden State Warriors e Atlanta Hawks hanno fatto sì che ogni pronostico di inizio stagione risultasse assurdo con il senno di poi.

Il motivo, per entrambe le franchigie, è più che semplice: Hawks e Warriors ci hanno abituati negli ultimi anni a prestazioni di livello mediocre. Sempre in grado di raggiungere i playoffs con le ultime posizioni valide per qualificarsi, le esperienze in post-season di entrambe le squadre non sono mai state sfavillanti, con eliminazioni precoci e sonore imbarcate. La rotta si è invertita in questa stagione, quando il potenziale offensivo dei due team è letteralmente esploso, trascinando le due franchigie “incompiute” nell’elite del basket di oggi.

I nuovi loghi di Warriors e Hawks: le ragioni del successo?
I nuovi loghi di Warriors e Hawks: le ragioni del successo?

Che cos’hanno in comune le due reginette dela regular season, oltre a giocare un basket vincente e bello da vedere? Entrambe, negli ultimi anni hanno cambiato il proprio logo.

Il vecchio logo dei Golden State Warriors, abbandonato dalla franchigia nel 2010.
Il vecchio logo dei Golden State Warriors, abbandonato dalla franchigia nel 2010.

A prima vista associare le innumerevoli vittorie di Hawks e Warriors ai nuovi loghi delle franchigie può sembrare naive e un po’ azzardato, ma c’è una correlazione da non sottovalutare tra i due aspetti. Golden State ha abbandonato il logo con il guerriero (quello dell’era Baron Davis, per intenderci) nel 2010 ed ha adottato successivamente il più sobrio logo che ritrae un Golden Gate Bridge di San Francisco stilizzato con i colori giallo e blu. Dopo due anni di transizione, nel 2012 è iniziata l’era degli Splash Brothers, caratterizzata da record positivi, coronati dal primo posto ad Ovest quest anno.
Allo stesso modo gli Atlanta Hawks hanno abbandonato il logo con il grande falco degli ultimi decenni per tornare al Pac-Man Logo biancorosso dal sapore un po’ vintage. Questo accadeva quasi un anno fa, il primo maggio 2014. Da lì in poi, dopo una blanda apparizione ai playoffs della scorsa stagione, ci sono state solo vittorie per la franchigia della Georgia, ora il team da battere ad Est.

Atlanta ha abbandonato il logo con l'aquila un anno fa.
Atlanta ha abbandonato il logo con il falco un anno fa.

Cosa rappresentano, dunque, i nuovi loghi nell’NBA? Non si tratta solo di restyling grafici volti a lanciare nuove maglie sul mercato (a quello pensa già la lega con i suoi “pigiamini”); c’è molto di più dietro. Il cambio di logo è la firma su un progetto ambizioso, la testimonianza di una volontà di cambiare la routine anonima di squadre finite nel limbo del rebuilding. I nuovi design delle uniformi e i nuovi simboli sono pensati per dare un volto all’inversione di rotta delle franchigie coinvolte; i giocatori cambiano, i loghi restano. E danno punti di riferimento ai tifosi. Le società trasmettono così un messaggio forte al pubblico e allo staff, un’iniezione di fiducia per il futuro – che sia questo immediato o prossimo.

La crescita esponenziale di Golden State ha le proprie origini nel sacrificio di una macchina da punti come Monta Ellis, allora brillante compagno di reparto di Steph Curry. La dirigenza californiana ha capito allora che i due giocatori non erano compatibili e – non senza far storcere il naso a molti – ha deciso di puntare tutto sul gracile Steph, martoriato dagli infortuni,, e ha abbandonato Ellis, giocatore dal ventello facile ma più difficile da gestire. Oggi, con Curry candidato al premio di MVP di regular season, i fatti danno ragione ai Warriors.
Il 2012 è lo stesso anno in cui Atlanta rinunciò alla propria stella, Joe Johnson, scambiandola con i neonati Brooklyn Nets in cambio di una manciata di giocatori che oggi militano ovunque fuorché negli Hawks. Per arrivare al successo bisogna anche essere in grado di fare scelte difficili e operare dei tagli con il passato. Johnson e Ellis via dalle rispettive squadre hanno fatto discutere molto, così come tanti nostalgici si sono lamentati dei nuovi luoghi, rimpiangendo quelli vecchi. Ma oggi, anche i più scettici stanno benedicendo le decisioni delle due dirigenze.

Il nuovo logo dei Washington Wizards, datato 2011.
Il nuovo logo dei Washington Wizards, datato 2011.

Non ci sono solo Atlanta e Golden State comunque: i Washington Wizards, ora quinta forza ad est, hanno cambiato logo nel 2011, un anno dopo aver scelto John Wall al draft e aver deciso di puntare tutto sul velocissimo play ex-Kentucky. Ora i maghi della capitale si apprestano ad affrontare i playoffs promuovendo il terzo logo della serie lanciata quattro anni fa.
Charlotte e New Orleans non si sono accontentate di cambiare il logo, ma hanno proprio deciso di stravolgere la franchigia cambiandone il nome. I Bobcats sono tornati Hornets, mentre New Orleans ha fondato i nuovi Pelicans. Anche nel loro caso, la volontà era quella di voltare pagina e creare un progetto ambizioso, invertendo la tradizione perdente delle ultime stagioni. Il prossimo futuro ci dirà se le speranze delle due società, che hanno in rosa elementi più che promettenti come Anthony Davis e Kemba Walker, verranno ripagate.

Il nuovo logo dei Sixers non ha portato molta fortuna alla regina del tanking.
Il nuovo logo dei Sixers non ha portato molta fortuna alla regina del tanking.

Attenzione però: non tutte le ciambelle escono con il buco. Nel 2009, quando non erano ancora la barzelletta della lega, i Philadelphia 76ers avevano riadottato il logo degli anni ’70 con la palla a spicchi bianca a righe blu. Allora il roster di Philly vantava nomi del calibro di Jrue Holiday, Lou Williams, Thaddeus Young e Andre Iguadala, per non parlare del ritorno in campo di un 34enne Allen Iverson. Come è finita oggi tutti lo sappiamo.
Anche il restyling completo dei Nets, spostati a Brooklyn su ordine del magnate Mikhail Prokhorov non può essere considerato un successo, a dimostrazione che le insidie, anche nelle favole del basket americano, sono ovunque. E non c’è design elegante che tenga.

Ora la palla passa ai Bucks, che devono cercare di seguire gli esempi positivi di Atlanta e Golden State, senza fare gli stessi errori di Philadelphia e Brooklyn. Il nuovo logo è elegante e la sua presentazione è stata spettacolare e sfarzosa, in pieno stile NBA. La squadra è giovane e dal potenziale enorme, così come è molto futuribile la scelta di affidarla a Jason Kidd, al secondo anno da allenatore e capace di portare un gruppo di giovanissimi alla sesta posizione e ad una rispettosa qualificazione ai playoffs. Milwaukee ha dunque ora tutte le carte in regola per diventare una delle stupefacenti “nuove” realtà del basket NBA, vedremo se Antetokounmpo e compagni riusciranno a rispettare le aspettative.

Niccolò Armandola

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