Jeff Brooks è uno dei migliori giocatori americani che sono passati dal nostro campionato negli ultimi anni: è stato protagonista con la maglie di Jesi, Cantù, Caserta e Sassari, con la quale ha realizzato lo storico “Triplete”.
Dall’anno scorso veste i colori dell’Unicaja Malaga, con cui ha vinto una EuroCup e si è piazzato al nono posto nella corrente regular season di EuroLeague.
BasketUniverso è riuscito ad ottenere il benestare per un’intervista con Brooks nella quale abbiamo parlato di tutto, compresa la Nazionale italiana.
Jeff, hai appena concluso la stagione regolare di EuroLega con Malaga al nono posto, viaggiando a quasi 9 punti di media e a più di 4 rimbalzi. Sei contento della tua annata europea e di quella della tua squadra?
«Sì, sono felice della mia stagione europea con l’Unicaja. È sempre bello potersi confrontare con giocatori di altissimo livello come sono quelli che si trovano in EuroLega, ben allenati, perché ci sono anche i migliori coach del panorama europeo. È sempre una bella sfida! Come squadra, siamo contenti ma ci spiace di non essere riusciti a raggiungere i Playoff: sfortunatamente abbiamo perso tantissime partite punto a punto per dei tiri sbagliati o per delle mancate difese. Abbiamo perso cinque gare di 2 punti, due di 4 e altre due di 6. Se avessimo fatto meglio in qualche azione conclusiva, con conseguente vittoria, saremmo sicuramente riusciti a giocare la post-season anche in EuroLega».
Ora dovete concentrarvi sulla Liga ACB. Siete ampiamente in zona Playoff però ci sono molte formazioni che lottano con voi per un posto in post-season: sei fiducioso sul raggiungimento di questo traguardo?
«Noi siamo una squadra molto forte in casa. Vogliamo vincere ogni partita che giocheremo a Malaga da qui alla fine. Questo è l’unico modo per avere la certezza di partecipare ai Playoff: abbiamo cinque match tra le mura amiche, dobbiamo vincerli tutti. Saranno sicuramente sfide difficili perché tutti vogliono fare punti nel finale di stagione ma faremo di tutto per provare a conquistare ogni gara, a partire da domani con l’Obradoiro».
L’anno scorso hai vinto il tuo primo titolo in Europa, l’EuroCup. Malaga era una delle squadre favorite ma forse non la favorita per la vittoria finale. Che sensazioni hai provato dopo aver portato a casa quell’incredibile trofeo?
«È pazzesco tornare indietro e pensare a quello che abbiamo fatto. Abbiamo giocato una grandissima EuroCup; non abbiamo solamente battuto il Valencia, forse la favorita per la vittoria, ma anche il Lokomotiv Kuban, un altro team fortissimo che quest’anno è ancora in finale per contendersi nuovamente il titolo. Tra l’altro, con Valencia, eravamo andati sotto 1 a 0, per poi vincere gara 3 in casa loro. È stata davvero una cavalcata fantastica ed anche bellissima perché è sempre stimolante giocare contro le migliori squadre d’Europa, con i migliori giocatori d’Europa, e riuscire a batterli. Siamo stati bravissimi a rimanere compatti a livello mentale, soprattutto nei momenti difficili, e siamo riusciti a centrare quest’incredibile obiettivo. Non dimenticherò mai quell’avventura e, quando penserò all’EuroCup, mi tornerà sicuramente sempre in mente quella vittoria».
La tua carriera è indubbiamente molto legata all’Italia: il tuo primo anno da rookie l’hai giocato a Jesi per poi approdare a Cantù. Che ricordi hai di quell’esperienza e pensavi che il tuo allenatore di allora, Andrea Trinchieri, potesse diventare uno dei migliori d’Europa?
«Era la mia prima esperienza con un coach di Serie A ma capii subito che avevo a che fare con un ottimo allenatore. Non solo per quello che ci spiegava sul campo ma anche per la persona che ha sempre dimostrato di essere. Mi ha migliorato molto, sia a livello difensivo/offensivo sia come uomo, e per questo lo devo ringraziare perché molto di quello che sono e ho ottenuto è anche merito suo. Tra l’altro quell’anno ebbi anche la possibilità di giocare in EuroLega: due anni prima ero ancora al college e all’improvviso mi sono ritrovato contro i migliori giocatori d’Europa. Ho fatto veramente fatica a realizzare quello che mi stava accadendo. È stato importante anche nelle piccole cose e se ripenso a quell’anno, con Trinchieri, ho solo ricordi positivi».
Dopo Cantù hai firmato per Caserta, che quest’estate è fallita. Cosa ti porti ancora dentro dell’avventura casertana e ti è dispiaciuto almeno un po’ per quello che è successo alla Juve?
«Sì, in effetti è stato difficile. Porto dentro di me ottimi ricordi di quell’esperienza anche se già quando ci giocavo io c’erano un po’ di problemi. Caserta ha giocato in Europa ad inizio anni Duemila, negli anni Ottanta e Novanta è stata una delle migliori squadre d’Italia, perciò non si meritava di finire così. Quell’anno in cui sono stato in Campania siamo andati vicinissimi a conquistare i Playoff, li abbiamo mancati soltanto all’ultima giornata, in favore di Pistoia, e ricordo che tutta la città era triste perché desiderava giocassimo la post-season. È una piazza che vive di pallacanestro, si parla praticamente solo di quello ed è stata importante per la mia piena maturazione: mi è davvero dispiaciuto sapere del loro fallimento e sono vicino a tutti i tifosi casertani».
La tua vera consacrazione è però arrivata con Sassari, insieme alla quale hai realizzato lo storico “Triplete”. Cosa ti ricordi di quell’annata e come mai hai deciso di non rinnovare il tuo contratto con la Dinamo?
«Eravamo preparati per provare a competere per ogni trofeo ma non credevamo di poter fare il “Triplete”. È difficile da spiegare perché ci sono stagioni dove sei il più forte ma non sei concentrato, non hai il focus su quello che stai facendo ed entri sul parquet senza la giusta convinzione. Quell’anno, invece, ogni volta che scendevamo in campo sapevamo quello che avremmo dovuto fare nell’arco dei quaranta minuti. Eravamo pienamente concentrati in ogni singola partita. C’era la stessa concentrazione sia che giocavamo in finale di Supercoppa italiana sia che affrontavamo l’ultima in classifica. Quella squadra era costruita per ottenere grandi risultati, per calcare grandi palcoscenici perché era imbottita di stelle, ma avevamo anche delle motivazioni superiori a quelle dei semplici soldi, volevamo vincere tutto il possibile e ci siamo riusciti.
Sul discorso rinnovo, mi sarebbe davvero tanto piaciuto restare a Sassari ma qualche volta le cose non vanno come vorresti e mi sono dovuto adattare alla situazione. Non so cosa sia successo di preciso, ma il mio agente mi ha detto che non avrei potuto proseguire il matrimonio con la Dinamo. Un po’ mi è dispiaciuto, ma si vede che non era la mia strada e sono contento delle scelto che ho fatto, dato che mi hanno portato a vincere l’EuroCup e a tornare a giocare l’EuroLega».
Parliamo di Nazionale. Sei riuscito ad ottenere la cittadinanza italiana a seguito del matrimonio con tua moglie?
«Non ho ancora la cittadinanza italiana, però ci stiamo lavorando. Mio figlio ce l’ha ma per me è un discorso diverso. Il mio staff ci sta provando ma attualmente non ce l’ho».
Nel caso la ottenessi, ti piacerebbe rappresentare l’Italia in giro per il mondo?
«Qualora dovessi avere l’opportunità di averla, mi farebbe molto piacere vestire la maglia della Nazionale italiana. Ho sempre desiderato rappresentare un Paese: chiaramente il mio sogno sarebbe quello di far parte di Team USA ma ci sono atleti troppo forti ed è una cosa impossibile. Però mi piacerebbe davvero parecchio rappresentare uno Stato in competizioni internazionali ed in particolar modo l’Italia, visto che per anni è stata la mia casa. Sarebbe davvero un grande onore per me! Chissà, magari un giorno vestirò la maglia Azzurra ad un Europeo oppure ad un’Olimpiade…».
Ringraziamo Brooks e sua moglie Benedetta per l’enorme disponibilità dimostrataci.